L'antica arte giapponese del kintsugi affonda le sue radici nella filosofia giapponese del wabi-sabi, che consiste nella serena accettazione dell'imperfezione, dell'impermanenza e della semplicità della vita. 

La tecnica, utilizzata da secoli per restaurare con polvere d'oro gli oggetti di ceramica rotti, è il risultato di un lavoro paziente che trasforma l'essenza stessa degli oggetti impreziosendone le linee di frattura. La fragilità nel kintsugi è un elemento chiave: valorizzata ed esaltata al punto che le stesse linee di rottura dell'oggetto, impreziosite dall'oro, diventano il segno distintivo e unico, conferendogli un valore contemplativo che trascende la sua precedente funzione d'uso. Il cambiamento di stato dell'oggetto, frutto della trasformazione che subisce nell'attività di restauro, si presta a riflessioni che vanno ben oltre il mero aspetto tecnico.

Che rapporto c'è tra il kintsugi e i nostri giorni?

Viviamo in tempi difficili, in cui le ansie e le paure scatenate negli ultimi tre anni dalla pandemia sono oggi amplificate dallo spettro di una guerra globale. È opinione diffusa che la pandemia abbia rappresentato un momento di crisi, un acceleratore di cambiamento che ha modificato le nostre vite e il nostro modo di pensare. Ma non è l'unica. Secondo un recente articolo pubblicato dai media economici britannici, il termine "policrisi" definisce bene il mondo contemporaneo, caratterizzato da molte grandi crisi: oltre a quella sanitaria, infatti, le crisi economica, climatica e politica amplificano le già diffuse incertezze sul futuro, che in assenza di punti di riferimento certi esacerbano paure, disorientamento, responsabilità. La pandemia ha contribuito ad aprire scenari nuovi e imprevedibili che chiamano in causa la nostra capacità di cambiare e trasformare le mentalità in modo più o meno radicale.

Negli ultimi anni il drammatico impatto della pandemia ha portato persone che vivono e lavorano in organizzazioni, aziende, comunità a mettere in discussione se stesse e il fragile equilibrio su cui si regge la società globale. Tutto sembra più accelerato, i cambiamenti sempre più permeano le nostre vite sia sul piano individuale che sociale.

La nostra esistenza è sempre più esposta dunque a situazioni di fragilità: può essere un cambiamento improvviso nella situazione lavorativa o di una relazione affettiva, così come la rottura nelle relazioni interpersonali, la perdita di una serie di abitudini e pratiche quotidiane che ci danno stabilità e sicurezza. Come fare, quando le turbolenze del mondo esterno portano a un punto di rottura le nostre certezze, abitudini e prassi, svelano la dimensione fragile della nostra natura? Come possiamo contenere le ansie in tempi di incertezza? Come possiamo sostenerci a vicenda? Come ci prepariamo a ritrovare la nostra "capacità di pensare"?

Uno stimolo alla riflessione può venire dal kintsugi che diventa utile metafora di quel processo di contenimento e ricostruzione necessario per affrontare una situazione di crisi o rottura di un equilibrio costruito nel tempo.

Ecco allora che raccogliere i cocci, pulirli dalla polvere, scegliere la sequenza per incollarli, ricostruire il materiale mancante, preparare il collante con la polvere d’oro, sono i passaggi di un rituale che permette di avvicinarsi, metaforicamente, anche alla riflessione sulle modalità e sui tempi necessari per affrontare il cambiamento nei momenti di passaggio nella vita.

Partiamo dall’ambivalenza che l’azione del rimettere insieme i cocci può assumere, a partire dalle due parole, riparare e ricomporre, che spesso sono utilizzate come sinonimi nel linguaggio comune. Tra i vari significati della parola riparare c’è quello del rimettere in buono stato, ristabilire, accomodare, rimediare. Ma anche quello del “pararsi contro” inteso come difendere, proteggere, impedire. Ricomporre indica invece l’attività del porre insieme e mescolare varie cose per farne una sola, comporre di nuovo, dare migliore assetto e, metaforicamente, riconciliare, raccogliere insieme e rimettere in quiete. E’ qui che consiste la vera natura dell’arte del kintsugi.

Pensiamo alle nostre esperienze. Quante volte, per rimettere insieme i pezzi rotti dell'esistenza, ci siamo trovati a erigere barriere per ripararci da situazioni che ci procuravano grande dolore? Quante volte, invece, abbiamo colto l'occasione della crisi per trovare un nuovo equilibrio che ci portasse a una sorta di riconciliazione con noi stessi? Se vogliamo diventare più consapevoli delle nostre responsabilità verso un mondo sostenibile e riparare le fratture nel nostro legame con la natura e l'ambiente sociale, dobbiamo re-immaginare un futuro insieme, adottando un atteggiamento di ascolto verso gli altri e una visione multicentrica del mondo.

Il kintsugi come metafora è utile per abituarci al fatto che la ricomposizione di qualcosa che si è rotto non è un’azione spontanea e automatica, piuttosto è il frutto di un’intenzionalità e di un lavoro paziente che mette in campo la capacità di ridefinire un nuovo assetto dei cocci rotti. La colla intrisa di polvere d’oro diventa metafora della capacità di ricomposizione delle aree di frattura. Non è una riparazione tesa a ripristinare l’originaria funzione d’uso dell’oggetto, sottende un processo di cambiamento, necessario per dare una forma nuova all’oggetto.

I nostri Golden Glue Labs affrontano queste sfide contemporanee. Ispirati alla tecnica giapponese del Kintsugi, offrono interventi su misura per ricomporre le fratture e sostenere la capacità generativa che trasforma le crisi in opportunità di sviluppo individuale e organizzativo. Partendo dalla metafora del kintsugi, proponiamo un percorso che unisce tecnica espressiva e riflessività, ceramica e approccio narrativo, per affrontare il delicato tema della ricomposizione delle ferite sociali e di vita. È un processo di riconoscimento e accettazione delle fragilità e di consapevolezza delle risorse che possiamo portare per cambiare lo stato delle cose.

Per maggiori informazioni sui programmi The Flying Carpet Studio alla mail: info@theflyingcarpet.it